Impianti di spegnimento ad acqua

Impianti di spegnimento ad acqua

Gli impianti di spegnimento ad acqua si differenziano sostanzialmente in:

  • Impianto Sprinkler;
  • Idranti, Naspi ed Attacchi VVf;
  • Impianto Water Mist;

Sprinkler

Lo sprinkler (letteralmente “spruzzatore” in inglese) è un sistema automatico di estinzione a pioggia; ha lo scopo di rilevare la presenza di un incendio e di controllarlo in modo che l’estinzione possa essere completata con altri mezzi, oppure di estinguerlo nello stadio iniziale (impianti ESFR = Early Suppression Fast Response).

Un sistema sprinkler comprende un’alimentazione idrica e una rete di tubazioni, solitamente posizionate a livello del soffitto o della copertura, alla quale sono collegati, con opportuna spaziatura, degli ugelli erogatori chiusi da un elemento termosensibile. In caso d’incendio, il calore sviluppato provoca l’apertura degli erogatori che si trovano direttamente sopra l’area interessata e conseguentemente la fuoriuscita di acqua in goccioline che permette il rapido controllo dell’incendio con il minimo dei danni.

In molte situazioni è sufficiente l’attivazione di meno di quattro sprinkler per spegnere l’incendio. In scenari con incendi che si sviluppano rapidamente (ad esempio in caso di versamento di liquidi infiammabili), possono essere necessari fino a dodici

Cenni storici

Gli antesignani dei moderni sistemi sprinkler erano costituiti da tubazioni provviste di fori a intervalli regolari: l’apertura manuale di una valvola consentiva il flusso dell’acqua che veniva riversata sull’incendio attraverso i fori. Questo sistema aveva il considerevole svantaggio di non essere azionato automaticamente. Inoltre le tubazioni erano soggette alla corrosione e i fori si occludevano facilmente. Per rendere il sistema automatico, furono proposte ed applicate soluzioni con corde e contrappesi: le fiamme bruciavano la corda che liberava un contrappeso che, a sua volta, apriva la valvola di adduzione dell’acqua. Non era tuttavia un sistema particolarmente affidabile e sicuro in quanto si inceppava frequentemente ed era difficile prevedere il tempo necessario per bruciare la corda.

Henry S. Parmalee di New Haven, Connecticut (USA) è considerato l’inventore del primo sprinkler automatico, brevettato nel 1874. Pur essendo un dispositivo rudimentale, era comunque costituito dai componenti fondamentali che ancora oggi caratterizzano un erogatore automatico sprinkler: un corpo, un elemento termosensibile, un tappo, un orifizio e un deflettore.

Nel corso degli anni gli impianti sprinkler sono stati perfezionati aumentando la velocità di intervento e migliorando l’efficacia dell’azione di controllo ed estinzione dell’incendio. Fino al 1940, i sistemi sprinkler furono installati quasi esclusivamente in stabilimenti industriali e magazzini. Attualmente trovano applicazione anche per la protezione di centri commerciali, uffici, alberghi e teatri. Soprattutto negli USA, è difficile trovare un edificio pubblico che ne sia privo.

Caratteristiche degli erogatori

L’erogatore è un ugello che distribuisce acqua sopra un’area definita (normalmente compresa tra 9 e 20 m² in funzione della tipologia di rischio).

Ogni erogatore consiste in un corpo, un elemento termosensibile, un tappo, un orifizio e un deflettore. I modelli di ogni componente possono variare, ma le caratteristiche fondamentali di base rimangono le stesse.

Corpo

Il corpo costituisce la struttura dell’erogatore. La tubazione di alimentazione è collegata alla base del corpo che tiene insieme il tappo e l’elemento termosensibile e supporta il deflettore durante l’uscita dell’acqua. Le finiture standard sono in ottone, cromo, bianco e nero. Finiture personalizzate sono disponibili per applicazioni che hanno particolari esigenze estetiche. Sono disponibili verniciature speciali per aree soggette ad alta corrosione. La scelta di un corpo particolare dipende dalla dimensione e dal tipo di area che deve essere protetta, dal tipo di rischio, dall’impatto visivo e dalle condizioni ambientali.

Elemento termosensibile

L’elemento termosensibile è il componente che attiva l’uscita dell’acqua. In condizioni normali il componente fa in modo che il tappo resti nella sua posizione e non vi sia fuoriuscita di acqua. Non appena l’elemento viene esposto al calore, cede e rilascia il tappo. Gli elementi termosensibili sono di due tipi, entrambi ugualmente affidabili: lega metallica fusibile oppure bulbo di vetro frangibile. La normale temperatura di funzionamento è tra 57 e 77 °C. Erogatori sprinkler che funzionano a temperature più elevate possono essere utilizzati laddove vi è una temperatura ambientale particolarmente elevata, ad esempio in prossimità di forni, tubazioni di vapore, ecc. oppure quando è prevedibile un rapido incremento di temperatura che farebbe aprire un numero eccessivo di erogatori.

Una volta raggiunta la temperatura di funzionamento, l’effettiva apertura dell’elemento avviene dopo un intervallo di tempo che può variare dai 30 secondi a 4 minuti. Questo tempo di reazione è il tempo necessario affinché si attivi il fusibile o il bulbo si rompa e dipende dai tipi di materiali di cui è composto l’elemento e dalla sua massa. Gli erogatori sprinkler standard hanno un tempo di reazione dai 3 ai 4 minuti, mentre i sistemi a risposta rapida (“Quick Response”) si attivano in tempi più brevi. La scelta del tempo di reazione di un sistema sprinkler dipende dal tipo di rischio da proteggere, dal danno massimo accettabile e da altre considerazioni progettuali.

Tappo

Il tappo è quel componente che impedisce la fuoriuscita dell’acqua. È collocato sopra l’orifizio ed è tenuto nella sua posizione dall’elemento termosensibile. L’attivazione dell’elemento termosensibile fa sì che il tappo cada permettendo così la fuoriuscita dell’acqua. I tappi sono costruiti in metallo oppure in metallo con un disco in teflon.

Orifizio

Il foro situato alla base del corpo dell’erogatore è l’orifizio. Da quest’apertura fuoriesce l’acqua necessaria per lo spegnimento dell’incendio. A parità di pressione, all’aumentare del diametro del foro aumenta la portata idrica erogabile. La maggior parte degli orifizi hanno un diametro di ½”. Diametri inferiori sono utilizzati per applicazioni di tipo residenziale e diametri maggiori per aree a rischio più elevato.

Deflettore

Il deflettore è montato sul corpo dell’erogatore nella parte opposta all’orifizio. Lo scopo di questo componente è di frazionare il flusso d’acqua che fuoriesce dall’orifizio in modo che abbia una maggiore capacità estinguente. La geometria del deflettore determina la posizione di montaggio dell’erogatore.

Le modalità normali di montaggio degli sprinkler sono: rivolti verso l’alto (montati sopra le tubazioni), rivolti verso il basso (montati sotto le tubazioni) e rivolti orizzontalmente (con erogazione dell’acqua parallelamente ad un muro/parete laterale). L’erogatore deve essere montato come è stato progettato e solo così avrà un funzionamento corretto. La scelta di un particolare tipo di montaggio dipende dai vincoli strutturali dell’edificio.

Funzionamento

È possibile distinguere quattro tipologie principali di sistemi sprinkler che si differenziano in base alle modalità di funzionamento. La scelta di questi diversi tipi dipende da diverse considerazioni, tra cui:

  • il grado di rischio dell’incendio
  • la velocità di propagazione dell’incendio
  • la sensibilità del contenuto al danno da bagnamento
  • le condizioni ambientali
  • il tempo di reazione desiderato

Dimensionamento

Per progettare un impianto occorre riferirsi a specifiche norme tecniche con cui determinare tutte le caratteristiche del sistema, in particolare le prestazioni richieste all’impianto in termini di densità di scarica, ossia quantità di acqua erogata al minuto su ogni metro quadro di superficie protetta, e di area operativa, ossia la superficie massima su cui si prevede il funzionamento dell’impianto. Ad esempio l’indicazione densità di scarica di 12,5 l/min/m² su 250 m² significa che in caso di incendio l’impianto erogherà una quantità di acqua pari ad almeno 3125 l/min.

Al fine di determinare queste caratteristiche vengono considerati molteplici fattori inerenti:

  • l’attività svolta
  • la tipologia delle merci, dei materiali e degli imballaggi
  • le modalità di stoccaggio
  • le caratteristiche dei fabbricati
  • le condizioni ambientali

Contrariamente a quanto si può istintivamente supporre, il carico di incendio medio ha una importanza relativa nella determinazione delle prestazioni, mentre viene data più rilevanza ad aspetti come modalità e altezza di impilamento, le distanze tra scaffalature, il comportamento al fuoco dei materiali, il tipo di imballaggi. Per questo motivo non esiste un impianto sprinkler con caratteristiche fisse, adatto a tutti i tipi di rischio, ma al contrario ogni attività in genere richiede impianti differenziati, in termini di prestazioni, nelle diverse aree protette.

Sistemi a umido

I sistemi sprinkler a umido sono i più comuni. La definizione “a umido” indica che le tubazioni sono riempite con acqua in pressione. Il calore sviluppato dall’incendio provoca l’apertura degli erogatori che si trovano direttamente sopra l’area interessata e l’immediata fuoriuscita di acqua che continuerà ad essere erogata dall’alimentazione idrica fino a quando sarà chiusa la valvola di controllo. Da considerare i limiti di applicazione legata alle temperature ambientali e necessità di tracciare le condotte in caso di impianti all’aperto con temperature inferiori a 4 °C.

Sistemi a secco

I sistemi sprinkler a secco sono quelli in cui le tubazioni sono riempite con aria in pressione anziché acqua. Un’apposita valvola di controllo, detta “valvola a secco”, viene posizionata in un’area riscaldata ed evita l’ingresso dell’acqua fino a quando un incendio provoca l’attivazione degli sprinkler. Con l’apertura degli erogatori l’aria fuoriesce e la valvola a secco si apre. Solo in quel momento l’acqua entra nelle tubazioni e viene erogata tramite gli sprinkler sull’incendio in atto. Il principale vantaggio dei sistemi sprinkler a secco è che consentono di proteggere quegli spazi non riscaldati o refrigerati dove i sistemi ad umido potrebbero non funzionare a causa del congelamento dell’acqua all’interno dei tubi. Nei casi in cui lo standard tecnico relativo all’installazione degli sprinkler non consente l’utilizzo di impianti a secco in ambienti freddi è possibile utilizzare impianti ad umido e riempire le tubazioni con apposite miscele di acqua ed antigelo.

Sistemi a preallarme

I sistemi sprinkler a preallarme utilizzano il concetto base dei sistemi a secco: le tubazioni sono riempite con aria non in pressione e non con acqua. La differenza consiste nel fatto che l’apertura della valvola di controllo è comandata da impianti di rivelazione incendi separato. Affinché l’acqua venga scaricata occorre quindi un doppio consenso (apertura dell’erogatore e intervento dell’impianto di rivelazione). Questi sistemi vengono utilizzati in quei casi dove si temono gravi danni da bagnamento come conseguenza della rottura accidentale di un erogatore o di un tubo. Il vantaggio principale dei sistemi a preallarme è la duplice azione richiesta per il rilascio dell’acqua: l’apertura della valvola di preallarme (comandata dal sistema di rivelazione) e l’apertura degli erogatori sprinkler.

Di contro la presenza di un impianto di rivelazione aumenta la complessità del sistema, e quindi la possibilità di guasti, rendendolo quindi meno affidabile degli impianti che ne sono privi. In caso di malfunzionamento dell’impianto di rivelazione non si avrebbe infatti l’apertura della valvola di controllo, e quindi l’erogazione di acqua, anche in caso di incendio. Questo tipo di impianto offre un livello di protezione aggiuntivo contro un rilascio accidentale dell’acqua. Per questo motivo i sistemi a preallarme sono utilizzati in ambienti i cui contenuti possono essere danneggiati dall’acqua, come archivi, depositi di beni artistici, biblioteche con libri rari e centri di elaborazione dati.

Sistemi a diluvio

I sistemi sprinkler a diluvio (attualmente non ancora previsti dalla UNI EN 12845) hanno erogatori privi del tappo e dell’elemento termosensibile e l’acqua è mantenuta a monte di un’apposita valvola la cui apertura è comandata da un sistema di rivelazione incendi separato. A differenza di quanto avviene in un impianto sprinkler con erogatori chiusi, l’acqua viene scaricata contemporaneamente da tutti gli erogatori.

I sistemi a diluvio trovano ampia applicazione in industrie ad alto rischio come impianti chimici, depositi di carburante o in hangar di aeroplani laddove si teme una rapida propagazione dell’incendio e pertanto si richiede l’erogazione simultanea di grandi quantità di acqua.

Normativa tecnica

La principale norma tecnica italiana riguardante i sistemi sprinkler è la:

  • UNIEN 12845: Installazioni fisse antincendio – Sistemi automatici a sprinkler – Progettazione, installazione e manutenzione (edizione attuale 2015), che dal 30 giugno 2007 ha sostituito le norme UNI 9490 e 9489, non più in vigore.

I componenti degli impianti sprinkler sono trattati dalla norma UNI EN 12259, suddivisa in diverse parti:

  • UNI EN 12259 – 1: Erogatori sprinkler
  • UNI EN 12259 – 2: Valvole di allarme idraulico
  • UNI EN 12259 – 3: Valvole d’allarme a secco
  • UNI EN 12259 – 4: Campane idrauliche di allarme
  • UNI EN 12259 – 5: Indicatori di flusso
  • PR EN 12259 – 12: Pompe(progetto di norma ancora allo studio)

In campo internazionale, la norma tecnica più completa e aggiornata è la statunitense:

  • NFPA 13: Standard for the Installation of Sprinkler Systems, 2007 edition

Idranti a muro UNI 45 e naspi

Gli idranti (per interni e esterni) a muro con tubazione di diametro 45 mm (cassette idrante UNI 45) sono costituiti da un involucro dotato di sportello sigillabile con lastra frangibile/infrangibile (oppure portello pieno senza serratura) in versione da parete o ad incasso, contenente una tubazione appiattibile a norma EN 14540 con raccordi a norma UNI 804 (le legature ossia il sistema di fissaggio tra raccordi e tubazione devono essere realizzati secondo UNI 7422), una lancia con intercettazione e frazionamento del getto e il rubinetto di alimentazione. La lunghezza massima delle manichette è pari a 20 m, altri valori sono ammessi solo su specifica indicazione progettuale. La tubazione, avvolta “a doppio”, viene appoggiata su un apposito supporto a forma di sella (chiamato “sella salva-manichetta”), per consentirne una migliore conservazione. La Norma di riferimento è la UNI EN 671/2 con obbligo di marcatura “CE” (rif. direttiva 89/106 CPD). Esistono cassette con tubazione diametro 70 mm (UNI 70), sella, lancia DN 70, chiave di manovra utilizzabili solo quale dotazione per idranti soprassuolo. nel caso di idranti sottosuolo alla dotazione si aggiunge il cosiddetto collo di cigno o colonnetta idrante.

Un’altra categoria è rappresentata dalle cassette con tubazioni semi-rigide da 20 o 25 mm, denominate “cassette naspo”, disciplinate dalla UNI EN 671/1 e anche per esse vige l’obbligo di marcatura “CE”. Le cassette naspo sono dotate di avvolgi-tubo orientabile con tubazione già collegata alla lancia ed al rubinetto. Il vantaggio principale dei naspi è la semplicità di utilizzo, oltre alla possibilità di srotolare solo la lunghezza necessaria di tubazione, mentre la portata idrica è inferiore. L’ingombro della cassetta è notevole, per questo motivo risulta difficile utilizzare le versioni da incasso.

Sia i naspi che le cassette UNI 45 sono dotati di lancia a tre effetti, che consente di variare il getto d’acqua (pieno o frazionato) e di interrompere l’erogazione quando necessario. Il comando è generalmente a leva oppure a rotazione, a seconda del modello è possibile ottenere diverse prestazioni di portata e gittata, generalmente superiori per le versioni a rotazione.

L’impianto rete Idranti è disciplinato dalla Norma UNI 10779:2014.

Gli di idranti sottosuolo alla dotazione si aggiunge il cosiddetto collo di cigno o colonnetta idrante.

Un’altra categoria è rappresentata dalle cassette con tubazioni semi-rigide da 20 o 25 mm, denominate “cassette naspo”, disciplinate dalla UNI EN 671/1 e anche per esse vige l’obbligo di marcatura “CE”. Le cassette naspo sono dotate di avvolgi-tubo orientabile con tubazione già collegata alla lancia ed al rubinetto. Il vantaggio principale dei naspi è la semplicità di utilizzo, oltre alla possibilità di srotolare solo la lunghezza necessaria di tubazione, mentre la portata idrica è inferiore. L’ingombro della cassetta è notevole, per questo motivo risulta difficile utilizzare le versioni da incasso.

Sia i naspi che le cassette UNI 45 sono dotati di lancia a tre effetti, che consente di variare il getto d’acqua (pieno o frazionato) e di interrompere l’erogazione quando necessario. Il comando è generalmente a leva oppure a rotazione, a seconda del modello è possibile ottenere diverse prestazioni di portata e gittata, generalmente superiori per le versioni a rotazione.

L’impianto rete Idranti è disciplinato dalla Norma UNI 10779:2014.

La manichetta antincendio è un tubo flessibile utilizzato per trasportare acqua o miscele acqua / schiuma a media pressione nei dispositivi idraulici antincendio. Generalmente sono costruite in tessuto circolare di poliestere con sottostrato impermealizzante in gomma elastomerica ed hanno raccordi standard.
Alcuni paesi utilizzano i raccordi Guillemin altri invece usano i raccordi Storz. In molti edifici, come le scuole, gli uffici e le aziende, sono presenti idranti a muro. La pressione di esercizio di una manichetta può variare tra 8 e 20 bar (800 e 2000 kPa, 116 e 290 psi), mentre la pressione di esplosione può arrivare fino a 40 bar (4.400 kPa, 580,151 psi). Le manichette antincendio vengono utilizzate anche per scaricare l’acqua aspirata dalle motopompe o dalle pompe idrovore, durante le inondazioni o lo svuotamento di invasi.

In genere dopo l’utilizzo le manichette vengono appese a secco per farle asciugare, perché l’acqua che rimane in un tubo per lungo tempo può deteriorare il materiale e renderlo inaffidabile o inutilizzabile. Pertanto nella tipica stazione dei Vigili del Fuoco spesso si trovano delle alte strutture destinate ad accogliere la lunghezza di un tubo su cui vengono distese per lo svuotamento e la conseguente asciugatura.

Talvolta, i tubi antincendio vengono utilizzati per il controllo della folla come ad esempio nei fatti del G8 di Genova contro i manifestanti.

Idranti sottosuolo

Gli idranti sottosuolo sono dei particolari tipi di idranti che vengono installati sotto il livello del terreno, sono dotati di un dispositivo antigelo e i pozzetti che contengono questi tipi di idranti hanno la forma di ellisse e riportano la dicitura “idrante”.Essi sono collocati ad una distanza consigliata tra 5 e 10 m dal perimetro del fabbricato a seconda della sua altezza e ad una distanza mutua di massimo 60 m (specificatamente indicato nella Norma di sistema UNI 10779), in funzione del loro raggio d’azione. La realizzazione è disciplinata dalla norma UNI EN 14339, devono essere marcati “CE” (rif. direttiva 89/106 CPD) con l’obbligo di utilizzare il cosiddetto “collo di cigno” per collegare le tubazioni flessibili/appiattibli (manichette) e quindi la lancia di erogazione. L’apertura e chiusura della valvola avviene, come per gli idranti sopra suolo, a mezzo apposita chiave con dimensioni unificate. Hanno Dn di connessione 80 o 100.

Gli idranti sottosuolo sono costituiti fondamentalmente da un corpo in ghisa, da un dispositivo di manovra di forma pentagonale che attraverso un albero in acciaio apre e chiude la valvola di intercettazione, da uno scarico antigelo, da una flangia di connessione all’impianto di distribuzione e da un attacco, minimo DN 70 max 100, per il collegamento del collo di cigno.

Idranti soprasuolo

Gli idranti soprasuolo o a colonna sono quelli comunemente visibili nei parcheggi, all’esterno dei condomini oppure nelle aree industriali. Hanno maggiore accessibilità degli analoghi sistemati sottosuolo. Essi sono collocati ad una distanza consigliata tra 5 e 10 m dal perimetro del fabbricato a seconda della sua altezza e ad una distanza mutua di massimo 60 m (specificatamente indicato nella Norma di sistema UNI 10779), in funzione del loro raggio d’azione. Sono contraddistinti dal colore rosso RAL 3000, lo stesso che viene usato negli estintori. Sono dotati di scarico antigelo atto a scaricare la colonna dall’acqua e possono essere di due tipi: tipo A (ex tipo AD secondo vecchia UNI 9485) ossia senza punto prefissato di rottura, tipo C (ex ADR secondo vecchia UNI 9486) ossia con punto prefissato di rottura. Quello a punto prefissato di rottura permette la separazione della parte superiore dalla parte inferiore dell’idrante a seguito di un urto accidentale, senza causare la fuoriuscita dell’acqua, con conseguente riduzione della pressione della rete antincendio e possibilità di allagamenti (nota: la foto è di un vecchio idrante ormai non più a norma). La costruzione è regolata dalla norma EN 14384 e per essi vige l’obbligo della marcatura CE, essendo dispositivi che ricadono sotto direttiva 89/106/CEE (altrimenti nota come CPD). Questi idranti sono costituiti fondamentalmente da un corpo in ghisa o in acciaio (sconsigliato), da un dispositivo di manovra di forma pentagonale (il cosiddetto cappellotto) che, mediante un albero, apre e chiude la valvola di intercettazione, da uno scarico antigelo, da una flangia di connessione all’impianto di distribuzione e da due sbocchi DN 70, per il collegamento delle manichette ed eventualmente (solo per diametri dell’idrante uguali o superiori al DN 100) da un terzo sbocco DN 100 ove possono attaccarsi i Vigili del Fuoco, al fine di caricare le autobotti. I raccordi devono essere protetti a mezzo tappi in ottone (unico materiale attualmente ammesso).

Per azionare questo tipo di idranti occorrono delle chiavi normalizzate, dette “chiavi di manovra” che agiscono sul dispositivo di manovra e quindi sulla valvola di intercettazione, aprendola o chiudendola. L’albero di manovra ha un attacco pentagonale.

Impianti di Spegnimento Water Mist

L’Acqua Nebulizzata ad Alta Pressione (100-120 bar) rappresenta il mezzo di estinzione più efficace e sicuro che esista attualmente sul mercato.

Attualmente in Europa è presente una specifica tecnica che regola la progettazione e l’installazione gli impianti ad acqua nebulizzata (Watermist System).

Nel settembre 2008 tale specifica è stata recepita dall’Italia nella UNI CEN/TS 14972.

Erogare l’acqua in gocce del diametro di pochi micron permette di accelerare il processo di raffreddamento delle fiamme ed introdurre il concetto di saturazione dell’incendio, dove l’acqua si sostituisce all’ossigeno che alimenterebbe la combustione.

E’ inoltre da sottolineare che, grazie alle alte pressioni in gioco, questi benefici si ottengono con tubazioni più piccole e, in un mondo dove l’acqua è un bene sempre più prezioso, quantità  d’acqua ridottissime rispetto ai sistemi Sprinkler tradizionali.

L’impiego dell’acqua nebulizzata per la lotta contro il fuoco è importante per i seguenti effetti:

  • Raffreddamento
  • Inertizzazione
  • Effetto di separazione

Raffreddamento:

Come conseguenza del frazionamento dell’acqua in una miriade di goccioline di dimensioni microscopiche, viene a crearsi una superficie di reazione attraverso la quale viene assorbito il calore prodotto dal fuoco. Un litro di acqua richiede 335kJ per passare da 20°C a 100°C e 2257kJ aggiuntivi per trasformarsi in vapore acqueo. L’acqua è il mezzo di estinzione con la maggiore capacità  di assorbimento del calore che si conosca e può essere utilizzata in modo particolarmente efficace nelle tecnologie a nebulizzazione d’acqua a causa della grande superficie di reazione, paragonata alle tecniche di estinzione convenzionalmente conosciute.

Inertizzazione:

Con l’evaporazione l’acqua aumenta il suo volume di 1640 volte, il che induce una rarefazione dell’ossigeno presente nell’aria alla fonte del fuoco. In questo processo, il mezzo di inertizzazione estinguente non viene trasportato alla sorgente della fiamma dall’esterno, ma viene prodotto soltanto nelle vicinanze dirette del fuoco. A differenza di quello che accade con i gas estinguenti, l’uso di sistemi ad acqua nebulizzata, non necessita di stanze completamente chiuse.

Poiché viene rilasciato un potenziale energetico sufficiente, l’origine del fuoco può essere inondata di acqua vaporizzata in un sol colpo, in modo che un incendio può essere soffocato nel giro di pochi secondi. Ciò al 6% in volume, in prossimità dell’origine delle fiamme, mentre il normale contenuto di ossigeno (circa il 21%), viene mantenuto nel resto della stanza.

Effetto separazione:

Le goccioline d’acqua che si trovano tra le fiamme e la superficie combustibile, ridurranno fortemente l’irradiazione di calore. Il tasso di combustione si abbassa e il surriscaldamento delle possibili fonti di fiamma circostanti viene ridotto.

Un fattore decisivo per questo effetto è anche la generazione di una adeguata quantità di goccioline microscopiche poiché la capacità di riflessione aumenta con il diminuire delle dimensioni delle gocce. “In contrasto con i sistemi di spegnimento a gas, l’uso di sistemi di estinzione ad acqua nebulizzata, non necessita di spazi completamente chiusi”. L’effetto di estinzione sopra descritto, diventa efficace – in diversa misura in funzione dello scenario prodotto dalle fiamme – e al tempo stesso le fiamme possono essere spente con quantità di acqua molto contenute.

Riduce le temperature rapidamente e spegne l’incendio (non è un sistema di controllo)

La capacità dell’acqua nebulizzata di ridurre le temperature rapidamente come nessun altro mezzo di estinzione e di lavare via tutti i gas residui è di particolare importanza nella protezione delle persone. Inoltre, un’indagine condotta dall’Agenzia Statunitense per la protezione Ambientale e dall’Associazione Nazionale Tedesca per la Protezione Antincendio, ha chiaramente dimostrato che l’acqua, impiegata come mezzo di estinzione, non costituisce assolutamente un fattore di rischio per le persone. In circostanze normali, anche la riduzione di ossigeno presente nell’aria non costituisce un pericolo perché avviene soltanto in prossimità del fuoco.

I sistemi ad acqua nebulizzata possono essere attivati senza tempi di preavviso, salvo particolari situazioni. L’accesso da parte dei Vigili del Fuoco nei locali interessati dalla scarica di un impianto ad acqua nebulizzata diventa considerevolmente più sicuro.

Riferimenti alle Normative

  • EN 12845
  • NFPA 750 High pressure Water mist
  • EN 14972 Sez. A